gennaio
2003


Anatole Pierre Fuksas

L’EDIZIONE CRITICA DEL CAMMELLO

«Il grande Roe è un animale con la testa di un leone e il corpo di un leone, non necessariamente dello stesso leone», scriveva Woody Allen nel suo bestiario fantastico di Citarsi addosso, trattando in chiave fantacomica un tema che, per quanto comico tutt’oggi, ha acquisito un’inaspettata plausibilità con l’avvento dell’ingegneria genetica. Ce lo conferma con la massima evidenza la notizia della nascita di un cammello-lama, realizzato in laboratorio per conto dello sceicco Mohammad Ibn Rashid al-Maktum, che ha messo a disposizione della ricercatrice inglese Julian Skidmore un laboratorio di assoluta eccellenza e fondi illimitati. L’obiettivo pratico consisteva nella creazione di un cammello potenziato quanto a resistenza e velocità, tanto a scopo pratico, economico, quanto ludico (lo sceicco è un patito di corse di cammelli). Quello scientifico era invece legato al tentativo di risalire la catena evolutiva fino al punto in cui, 30 milioni anni fa, esisteva una sola specie di camelidi, poi differenziatasi nelle varietà odierne, dunque nel cammello arabico, quello africano e ancora il lama, l’estremo discendente del gruppo di ur-camelidi che, per ragioni geologiche e climatiche migrarono fino a raggiungere la catena andina.

Il tentativo di ricostruzione dell’antenato mitico parrebbe aver dato luogo ad un animale aggressivo, solo e nemmeno troppo riuscito dal punto di vista anatomico. Per quanto strano possa sembrare, il fatto produce interessanti ripercussioni di metodo in campo filologico, come d’altra parte anche in tutti gli altri campi del sapere che si avvalgono di modelli ricostruttivi di carattere genealogico. Certo, i danni causati dall’inesatta ricostruzione della facies archetipica di un’opera letteraria non sono commensurabili con quelli prodotti dall’immissione sul «mercato evolutivo» di una nuova specie animale. Il kàmelos biblico che diviene cammello, da corda che forse era in greco, ha prodotto effetti piuttosto ingombranti nella storia della nostra cultura, ma niente di paragonabile ad un presunto ur-camelide ricostruito in provetta a partire dal patrimonio genetico incrociato di un lama e un cammello. Un monstruum che differisce nelle intenzioni da quelli di tradizione classica medievale, scaturiti da istanze descrittive di tipo associativo e comunque da vicissitudini espressive improntate ad una fisiologia e ad un’etologia moralizzata.

Ad esempio dalla Chimera, animale mitologico ricavato dall’incrocio di un leone, una capra e un serpente, che, come parrebbe per l’odierno cammello-lama, ereditava solo i vizi dei tre: l’arroganza, la focosità e il tradimento, prestandosi a rappresentare nel modo più eloquente le caratteristiche essenziali della prostituzione. Ugualmente il Grifone, incrocio di leone ed aquila, dotato di gran vista, potenza e leggerezza al contempo, che si presta a significare le prerogative del nemico dell’uomo penitente, per la sua inclinazione all’inganno e al tradimento. Queste fiere mitologiche devono la loro natura alla combinazione di caratteristiche di specie diverse, dunque all’incrocio coerente delle peculiarità di animali profondamente differenti, dove il presunto ur-camelide rappresenta piuttosto il tentativo di ripristinare la forma originaria di una specie differenziata poi in varie altre dalla selezione naturale. Ma l’«edizione critica» del cammello darà veramente luogo all’antenato comune, o semplicemente produrrà la brutta copia di quello mitico, frutto della moderna mitologia della ricostruzione, del ritorno alle origini?

Se davvero la Skidmore avesse le sue valide ragioni nulla esclude che un giorno, magari grazie alle ricerche di Cavalli Sforza sulla geografia dei geni umani, potremo ricreare il codice di Adamo. In caso contrario, ci ritroveremo tra i piedi un uomo in più, con la testa d’un uomo e il corpo d’un uomo, ma non necessariamente dello stesso uomo.


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