Israel Rosenfield è nato nel 1949, ha studiato medicina presso la N.Y. University School of Medicine e ha discusso la tesi di dottorato (PH.D) presso la Princeton University. I suoi ambiti di ricerca rientrano nelle neuroscienze e nella psicologia cognitiva. Le sue pubblicazioni sono tradotte nelle lingue più importanti; in italiano si trova: L'invenzione della memoria (Milano: Rizzoli, 1989) e Lo strano, il familiare e il dimenticato, (Milano: Rizzoli, 1992). Con L'invenzione della memoria Rosenfield ha smontato le tesi prevalenti sul funzionamento del nostro cervello, dimostrando come fosse impensabile localizzare la memoria in una specifica area del cervello. Nel corso degli anni ha collaborato con scienziati di fama mondiali come Gerald Edelman, Oliver Sacks, Semir Zeki. Oltre ad aver approfondito i suoi campi di ricerca tradizionali sulla memoria, la coscienza e la percezione Rosenfield ha sempre avuto un occhio di riguardo per il rapporto fra arte e neuroscienze. Attualmente è professore di storia delle idee e di neuroscienze presso la City University of NewYork e vive fra questa città e Parigi. Sia il suo primo studio scientifico (Freud: character and consciousness a study of Freuds theory of unconscious motives, Univ. Books 1970) sia la sua prima opera letteraria, Freuds Megalomania, (2000) sono consacrate al padre della psicoanalisi. Questo romanzo è già stato tradotto in francese tedesco, cinese e portoghese ma non ancora in italiano e ruota intorno ad un ipotetico inedito di Freud nel quale egli spiega come inganni e autoinganni siano al centro dell'esperienza umana. Di tale attitudine che è definita «self-deception» per lautore questo termine è intraducibile Rosenfield ci fornisce nel romanzo numerosi esempi. Questa tendenza assume delle forme psicotiche nei personaggi «megalomani» descritti nel romanzo quali Mosè e Freud i quali con ogni mezzo cercano di imporre la loro autorità.
Non credo. Penso che nella Megalomania di Freud sia descritto piuttosto un ambiente.
Sì è vero ed è impossibile da evitare. Nel romanzo cerco di prendere in giro quelli che pensano di avere una visione scientifica della memoria. Se prendi L'invenzione della memoria, vedi che lì cerco di spiegare cosè la memoria. Nelle neuroscienze si cerca di capire come funziona la memoria, ma bisogna ammettere che non la comprendiamo appieno. Avrei potuto scrivere un altro libro come Linvenzione della memoria, ma ho scritto il romanzo perché penso che bisogna vedere i limiti di questi studi e dire che ci sono dei limiti non è molto interessante. Ho scritto una satira non solo per fare una satira di quel genere di saggio ma anche delle scienze e della psicanalisi, in cui tutti hanno la pretesa di pensare che il proprio approccio spieghi tutto.
Sì, nel senso che si rivedono e si ricostruiscono continuamente i nostri ricordi ed è così che lui si imbatte nel concetto di «self-deception».
è vero, la memoria è sempre in evoluzione.
Questo lo fanno tutti. Penso che ci sia anche un lato serio.
Non voglio dire che il romanzo sia solo una satira, è qualcosa di più di una satira. Cè una parte di commento, la satira è anche commento, è anche seria, io sto marcando i limiti di un certo discorso. Nel romanzo dico: noi esseri umani non comprendiamo certe cose, ma ci inganniamo su noi stessi e sugli altri [la «self-deception»]. Abbiamo la presunzione di capire, ed è vero che noi esseri umani abbiamo la tendenza a illuderci, pensiamo di comprendere, pensiamo di essere buoni, pensiamo x e y, quindi da un certo punto di vista il romanzo è anche serio, è entrambe le cose.
Ottimistica in che senso? Può luomo veramente adattarsi al suo ambiente? Ci si può adattare luno allaltro? Penso che la Megalomania sia piuttosto pessimista.
Quando parlo del corpo non parlo del corpo in sé. Quello che voglio dimostrare con i miei scritti scientifici è che si apprende perché abbiamo un corpo, perché ci muoviamo costantemente, perché tastiamo il nostro ambiente, perché facciamo esperienze, ma non siamo coscienti del corpo. Il cervello è in relazione al corpo, se tu perdi un braccio esperisci il mondo in modo diverso; siamo in relazione al mondo attraverso il corpo, ed è il rapporto fra cervello e corpo a determinare la nostra percezione del mondo.
Io ho riflettuto sulla natura della coscienza. Una funzione della coscienza è di integrare il presente con il passato. La coscienza non è né il presente, né il passato. Bergson chiamava questo il «ricordo del presente», un concetto che Edelman ha ripreso.
Non ho scoperto nulla. Penso che in fondo non si sia compreso molto, si hanno delle idee, degli approcci, per questo ho fatto della satira. Tutti vorrebbero essere Einstein e spiegare tutto, ma il suo campo era la fisica, il cervello è un po più complicato della fisica. Se la fisica è difficile immaginati il cervello, cè tutta la psicologia umana dietro. Einstein aveva una teoria, tutti gli psicologi, i biologi, i neuroscienziati vorrebbero avere la loro teoria, e di questo voglio prendermi gioco. Non credo che si possa sostenere una teoria sul cervello umano come fanno i fisici per la terra. Io trovo interessanti gli approcci sulla memoria, ma non credo che si possa affermare che la si sia compresa. Si cerca di capire su base neurofisiologica come il cervello integri i ricordi per comprendere il mondo. I problemi della memoria e della coscienza sono legati. Quelli che trattano la memoria come un magazzino dinformazioni non mi interessano molto.
Questo dovrebbe essere il suo scopo.
Hai ragione.
è vero, lei legge tutto, corregge, lei cambia le mie idee.
Come tutti. Non posso dire di avere un gusto preciso. Leggo testi neuroscientifici, filosofici, non ho un interesse omogeneo. Se vuoi che faccia qualche nome ti dico David Lodge, anche se scrive in modo molto diverso da me. Sul versante della satira potrei citare Swift. Anche Proust mi piace perché si è occupato della memoria; lidea del legame fra tempo e memoria per me è molto moderno. In Linvenzione della memoria parlo di Proust, un idiota che ha recensito il libro ha scritto che io mi sono schierato per la teoria di Proust, come se esistesse una teoria di Proust.
Non ho fatto degli studi letterari, ma credo che anche nelle scienze e nella matematica ci sia un lato estetico che è molto importante, una certa bellezza nel vedere le cose. Ci sono delle spiegazioni che sono solo svolgimento e analisi che non sono belle. Quando cè una vera spiegazione cè anche un lato bello che non si lascia spiegare totalmente, come un quadro.
Indirettamente. Non del tutto. Non bisogna prenderla come un trattato universitario. Spesso si leggono delle cose a margine che non hanno niente a che vedere con quello che si sta facendo, e improvvisamente si hanno delle idee che non hanno niente a che vedere con quello con cui ci si stava occupando e che si stava cercando. è quello che io e altri cerchiamo di spiegare sul funzionamento del cervello, che non è diretto, che attinge qua e là, in cui conta anche il caso e nel quale alla fine troviamo una sintesi. Quando la sintesi è buona cè anche un lato estetico. Cè un lato estetico, anche nella scienza e nella matematica. La gente pensa che nelle scienze ci sia solo un piano sperimentale e logico, ma quando quel piano è superato prende un'altra forma.
No, non cè un sistema. A volte sono ossessionato da qualcosa e ci lavoro. Non sono molto serio. Faccio quello che mi occupa la mente. Se mi occupo di qualcosa ci sono molte interruzioni, però cerco di seguire un progetto dietro laltro. Ho scritto una satira su una società che non aveva né una lingua scritta né una orale, è stata una delle mie prime satire. Lidea di partenza era che sulle strade ci fosse talmente tanto rumore che non ci si potesse udire per cui gli uomini erano costretti a comunicare con i gesti; cerano poi i cosiddetti ascoltatori che rievocano il ricordo dei suoni e cercavano di capire cosè un ricordo; ho inventato tutto questo, è stato pubblicato per caso [Olafur Eliasson, The blind Pavilion, 2003]. Un'altra satira che ho scritto e che non è stata pubblicata descrive una società in cui una colpa viene attribuita ad una persona qualsiasi che deve difendersi, è un situazione kafkiana. Ma ho sempre fatto questo a fianco degli altri lavori.
Si hanno certe idee di partenza che si pensano di conoscere, ma non si ha mai tutto sottocchio. Non è un processo lineare. Per esempio adesso ho terminato un romanzo di cui avevo più versioni. Ho prodotto delle versioni partendo dalle versioni che ho rifiutato. Lo stesso è capitato con la Megalomania.
Allinizio cera lidea del manoscritto di Freud. La versione finale contiene il manoscritto. Nella prima versione non cera il manoscritto di Freud, se ne parlava solamente. Catherine mi ha detto: perché non inserisci anche il manoscritto? Non cè problema, ho pensato. Lidea di partenza era una satira di diverse cose, come ti ho già spiegato: da un lato cera la satira della scienza, dei megalomani, di coloro che si ritengono Einstein. Contemporaneamente volevo prendere le distanze dagli oppositori e dagli ammiratori della psicanalisi, io li trovavo ridicoli. Cera un tipo che scriveva nella «New York Review of books» che prima era un sostenitore di Freud e che era divenuto celebre proponendo delle letture psicanalitiche di romanzi; ad un certo punto è diventato un acerrimo critico di Freud. Come i comunisti che diventano anticomunisti. Nei suoi articoli sulla «New York Review of books » ha parlato della vita di Freud, dicendo che non era onesto, che aveva una storia con sua cognata. Cè stato un incontro a New York su questo argomento, ma non ci sono andato, anche perché avrei dovuto dar loro degli imbecilli. A me non sembra intelligente parlare di qualcuno che non si conosce. Lispirazione viene da tutto questo. Cè chi ha criticato il mio modo di trattare Freud, di trattare liberamente la sua biografia.
Quando ho fatto il libro su Freud [Freud: character and Conscioussness. A study of Freuds Theory of Unconscious Motives, 1970] ero critico con lui. Sì, potrei dare limpressione di essere ossessionato da Freud ma non lo sono, soprattutto se consideri anche le altre cose che ho scritto e anche le opere non pubblicate ho 4 romanzi non pubblicati nel cassetto fra i quali una specie di romanzo giallo che non hanno niente a che vedere con Freud. Ho anche scritto uno studio mai pubblicato sulla neurofisiologia della coscienza e della memoria che menziono ne Linvenzione della memoria [p. 220 delledizione italiana], in cui anticipo le idee di Edelman. Anche questo mi ha ispirato per la Megalomania di Freud perché quando ho mostrato in giro questo manoscritto mi hanno accusato di aver trovato la teoria prima che questa fosse stata fatta.
Infatti, se si tengono in considerazione anche gli scritti non pubblicati ci si rende conto che non mi sono occupato solo di Freud. Allinizio avevo lintenzione di scrivere qualcosa di antifreudiano per criticare la sua teoria che pretende di spiegare tutto. In effetti non ce lavevo tanto con Freud ma con la tendenza a prenderlo per una star, di farne una religione, comè successo anche qui in Francia, questo non mi sembrava molto intelligente.
Niente. Non ci penso. E non penso che ci si possa fare unidea di lui, ci sono troppi fatti nascosti e anche quando abbiamo i suoi scritti autobiografici non sappiamo come interpretarli.
Questo fa parte della satira. Volevo imitare e prendere in giro un certo modo di scrivere accademico. è il modo di scrivere degli universitari, dando sempre molti riferimenti, citando sempre, dicendo da dove si prendono le informazioni. I miei libri sono abbastanza parchi di note. Ho già fatto un testo con delle note false, ma leditore non aveva capito che si trattava di una strategia. Non so se sia una forma originale o sperimentale.
Tutti i nomi sono inventati. Dicke assomiglia a «dick» che in americano denota il sesso maschile. è un nome divertente, ma non lho fatto apposta. Dicke è anche un fisico, ma non lo sapevo; anche la casa editrice pensava che avessi scelto espressamente questo nome, volevo un nome divertente; per Stewart volevo invece un nome qualunque, ordinario, come «Giovanni Tenda».
Me lha consigliato la casa editrice e non lho trovato male. Perché molti non si sarebbero resi conto che ci sono molte cose nel libro che sono vere.
Non si possono separare. Il Freud di cui parlo non è il vero Freud.
Non lho notato, ma questo fa parte della satira. Con tutte queste prefazioni volevo imitare i testi universitari che ne contengono molte. Ma quello che dici tu è diverso. Forse quando inizio a raccontare voglio che sia qualcun altro a raccontare, ma non so veramente.
Non so.
Si è vero. è il personaggio con cui mi esprimo di più.
Questo lo si può dire di ognuno, non cè niente di speciale in questo. In più è un uomo vecchio che si impossessa di una giovane ragazza che vuole impressionare. Non volevo fare un ritratto di Freud. Il suo lato personale non è da mettere in relazione alle sue teorie, probabilmente cè un nesso ma non so come.
Sì lho fatto, e credo che anche Freud labbia fatto. è il lato estetico di cui si parlava: Freud raccontava delle storie e non gli importava se fossero vere o meno. Tutti lo fanno.
[ridendo] è vero.
In un certo senso è vero. Ma contemporaneamente sulla realtà possiamo dire delle cose interessanti e delle cose che sono false. Non posso dire di vedere una persona che sta giocando con un pallone enorme sulla strada. Non esiste. Non si può dire qualsiasi cosa. Ma è vero che non cè certezza nel romanzo, si è sempre in cerca della verità, ci si rivolge a x poi a y e avanti così. Dovresti scrivere un saggio su questo.
Cè un lato politico in questo. Sono delle persone che hanno delle idee, ma che vogliono dominare. Poi ci sono quelli che li seguono. I megalomani sono persone che si considerano il papa o Dio. E io mi prendo gioco di loro. Il problema non sono loro, ma le persone che li seguono.
è vero. Einstein ha detto che lui si è sempre considerato anti-autoritario e che gli altri si sono vendicati trattandolo come unautorità. Freud invece adorava essere trattato come unautorità.
Tutti fanno parte del gioco. Cè una questione morale e politica. Si seguono delle autorità senza preoccuparsi da dove provenga questa autorità. Daltronde non si può neanche destituire ogni autorità perché altrimenti ci sarebbe il caos totale. Intellettualmente è bizzarro che si seguano della autorità. Freud e Mosè, è come se fossero delle autorità politiche.
Sì, Wagner è molto immorale perché mette la scienza al servizio di uno stato che compie unazione immorale, la guerra. Manda i soldati mutilati al fronte.
Non vedo una via duscita. Penso che bisogna stare attenti di fronte a persone che pretendono di avere unautorità. Lo vedrai anche nel romanzo che sto pubblicando che è molto pessimista ed in cui mi occupo nuovamente della questione dellautorità. Daltronde noi abbiamo bisogno dellautorità, siamo incastrati.
Conosco questo testo che è di stampo freudiano, ma evito questo tipo di cose. Sono testi troppo seri su cui non volevo scherzare.
Vero. A causa della violenza della loro esperienza non sono più disposti a illudersi, a credere alla «megalomania». Perché è la loro vita stessa in gioco.
Molti si sono interrogati su questo. Io non ho attribuito nessun significato particolare tranne quello che riguarda la condizione del lettore il quale è incastrato in un tunnel buio.
è Freud stesso che nel manoscritto rivede le sue teorie e che si accorge che non è la nevrosi a essere il vero problema ma la megalomania che è psicotica. è una rivoluzione nel suo pensiero. Ma è anche un altro scherzo del romanzo.
Sì sì [ridendo]
Non è male. Io ho scritto questo libro con questo scopo, ma non avevo in mente Bachtin. Ho spodestato Freud dalla posizione in cui è stato posto dai suoi ammiratori. Ho messo Freud con tutti gli altri. La nipote di Freud [Sophie Freud in «American Journal of Psychotherapy»] mi ha dato atto che questo libro non è né contro né a favore di Freud.
Non del tutto anarchico.
Non ci avevo pensato. Sono stato educato in quellambiente, ma non ci sono solo ebrei fra i personaggi. Non è più giudaico che francese. Non è come i romanzi di Philip Roth che fa una satira degli ambienti ebraici. In fondo è un libro antireligioso. Ho preso Mosè, avrei potuto prendere anche Gesù, ma non volevo inimicarmi i cristiani che si sarebbero risentiti se io come ebreo mi fossi occupato della figura di Gesù. Ho ben presente la differenza fra Mosè e Gesù, per entrambi cè una questione legata allautorità. La megalomania non è un problema che riguarda solo la religione ma anche la scienza. Stewart e Dicke non sono ebrei. è un problema che ci riguarda tutti.