Febbraio
2005


Charles Peirce

PENSIERO E SCRITTURA
Testo inglese
Traduzione italiana
Il manoscritto 956


Al pensiero non bastano le parole. In questa battuta si potrebbe riassumere una delle conquiste intellettuali più sottili di Charles Sanders Peirce, il filosofo pragmatista americano che per primo ci ha spinti a riflettere sulla natura dei segni che costituiscono l’ambiente cognitivo umano, dando così vita alla scienza della semiotica nella sua forma più profonda e consapevole. Il ragionamento stringente, quello della logica deduttiva e della matematica, non può servirsi della sola codificazione linguistica per fare il proprio corso. Se il linguaggio funziona per concetti generali e simbolici, è invece su un oggetto concreto che lavora il pensiero del logico.

Il brano che segue, mai pubblicato fino ad ora, è tratto da una prima stesura de “L’architettura delle teorie” («The Monist», 1891), noto articolo con cui si apre la serie di testi dedicata da Peirce alla cosmologia. Sono motivazioni cosmologiche quelle che, al fondo, danno conto per Peirce della capacità umana di comprendere l’universo. Credere in una forma di conoscenza significa credere in una cosmologia. Abbiamo fiducia nelle inferenze della nostra logica perché crediamo che la natura funzioni secondo il loro stesso schema. Nessuno mette in discussione, dice Peirce, che la natura utilizzi il sillogismo, neanche il filosofo meccanicista (le leggi della meccanica possono infatti costituire la premessa maggiore, le posizioni e le velocità delle particelle dell’universo la minore, e le accelerazioni che ne derivano la conclusione). Ogni macchina logica - fino ai moderni elaboratori elettronici, che Peirce sembrava prevedere con una sorta di chiaroveggenza ­ fonda su questo il proprio funzionamento: le relazioni tra gli elementi in gioco vengono ricreate tra i componenti della macchina, oggetti fisici sottoposti alle stesse leggi della mente, che ci permetteranno di leggere la nuova relazione emersa quale conclusione.

La natura, dunque, ‘ragiona’ tramite il sillogismo, nonché tramite le altre inferenze della teoria della conoscenza di Peirce che il meccanicista non sarebbe disposto ad accettare. Mente e natura funzionano secondo le stesse leggi: è questa l’unica possibile spiegazione del loro reciproco accordarsi all’interno di una teoria scientifica. È la nostra speranza disperata, ci dice Peirce. La filosofia è costretta ad assumere che i processi di natura siano intelligibili, e che dunque siano identici ai processi della ragione. La legge dell’essere e la legge del pensiero vanno intese come la stessa cosa. Essere qualcosa significa inevitabilmente essere oggetto di una cognizione. E, poiché ogni cognizione si dà in segni, ecco che la semiotica diviene scienza dell’essere nel suo significato più ampio, che la ricerca da parte di Peirce di nuove categorie dopo quelle kantiane intende portare avanti.

Mente e natura, dicevamo, funzionano secondo le stesse leggi. Nel caso del pensiero puramente logico o matematico, del pensiero a priori, il ruolo della natura lo troviamo riproposto in un diagramma. Ragionare matematicamente vuol dire per Peirce interrogare un diagramma concreto dove sono iconicamente rappresentate le relazioni tra gli oggetti sotto indagine. Il linguaggio simbolico e astratto non è sufficiente, e sa intervenire solo in un secondo momento, quando il salto inferenziale è già stato compiuto e si tratta soltanto di ripeterlo nelle parole. Ma il processo vero e proprio di ragionamento è un processo individuale, che guarda alla scrittura del singolo diagramma nella sua materialità (la figura geometrica, la formula algebrica, lo schema del sillogismo) come al proprio oggetto di studio e di sperimentazione. È in questa scrittura che si dà il pensiero a priori. Essa, quale punto di incontro tra il soggetto e l’oggetto, annulla entrambi in se stessa e nelle sue proprie leggi. Che senso ha dire che c’è un pensiero al di fuori di quella scrittura (che, si badi, può darsi anche nella sola immaginazione del ragionante)? Dove si collocherebbe un tale pensiero? Chi potrebbe farne uso?

Questa idea di pensiero scritto - entità inevitabilmente semiotica - che affonda le radici in una riflessione cosmologica, ma che è nondimeno capace di farsi investigare ad altri e diversi livelli, è una preziosa eredità che Peirce ci ha lasciato, anticipazione di ampi sguardi filosofici futuri.

Susanna Marietti


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