La tradizione medievale del romanzo volgare si dimostra soggetta a vicissitudini adattive, dunque a modalità di selezione determinate dallo scenario comunicativo, ovvero dallambiente editoriale inteso come riflesso e modello di quello socio-culturale. Si delinea una teoria selezionistica del racconto, intesa e spiegare il polimorfismo del romanzo volgare attraverso la sua tradizione medievale, e più in generale a ribaltare la concezione istruzionistica dei processi di elaborazione del racconto, generalmente condivisa dai narratologi.
La variante rappresenta un "artefatto cognitivo", utile ad illuminare la comprensione dei testi, ma anche a fornire strumenti innovativi per la loro produzione. Questo punto di vista è illustrato alla luce del progetto di laboratorio Web Varianti Digitali, un archivio di varianti d'autore in linea, avviato nel 1996 presso l'Università di Edimburgo, scaturito dall'incontro di tre filoni di ricerca: l'antropologia della scrittura, la critica del testo e la psicologia della composizione.
Si discutono alcune attestazioni, tratte da testi letterari, arti poetiche e retoriche in cui metrica e ritmica sono viste come funzionali alla memorizzazione del componimento. Si analizzeranno poi trattati ed enciclopedie, soprattutto di epoca medievale, per i quali, oltre ad una versione in prosa, si ha una redazione in versi rimati e si sosterrà la tesi secondo cui tale operazione è dettata, più che da ragioni estetiche, dalla funzione mnemotecnica del verso
Muovendo dalle informazioni contenute nelle Leys dAmors a proposito delle tecniche utili a reperire parole rimanti e dai meccanismi di rievocazione individuabili nel rimario del Donatz proensals, si analizza la formazione e levoluzione del sistema rimico della poesia romanza delle Origini dal punto di vista dei processi di memorizzazione, rievocazione e produzione del lessico, ossia in relazione ai modi in cui si struttura il «lessico mentale».
Le caratteristiche fondamentali della produzione e conservazione del sapere nella genesi di quella cultura. In particolare si affrontano i temi della trasmissione orale del sapere attraverso dispositivi mnemotecnici e linguistici quali la rima e la prosodia prima e la strutturazione del sapere attraverso la codificazione testuale di quei dispositivi poi. Il tutto rileggendo le fasi cruciali del passaggio della civiltà araba a quella islamica. Viene a fabbricarsi - crediamo - un utile strumento di analisi di alcuni processi cognitivi quali: la distinzione fra scrittura come composizione/creazione e dispositivo grafico più o meno adatto alla sua corretta fissazione; la distinzione fra l'autore come garante del testo e l'idea di proprietà intellettuale di un'opera; la distinzione fra i concetti di "libro orale" e di libro come "codice/registro/raccolta".
Una proposta di interpretazione dellattinenza semantica tra i campi della scrittura e dellaratura imperniata su unaccezione congnitiva della metafora. Lattivazione di frames contigui implica meccanismi associativi di carattere analogico, sostanzialmente riconducibili a fenomeni di categorizzazione percettiva di tipo visivo.
Un tentativo di fondare la linguistica sincronica su basi sensistico-materialistiche, che si si rivelano le più adeguate a istituire un confronto con la filosofia del linguaggio. L'approccio è rigorosamente empirico: sulla scorta di Saussure, Benveniste e Jakobson, sono presi in esame i "monofonemi" dell'italiano standard ("i", "e", "è", "a", "ha", "ho", "o", "uh!"), e analizzate le loro opposizioni fonematiche in relazione a quelle semantiche, per pervenire, parafrasando Nietszche, a una "Fisiognomica di tutti i valori", in cui le geometrie articolatorie ed acustiche risultano come simboli preconsci di quelle concettuali. L'articolo si chiude commisurando i risultati raggiunti alle proposizioni heideggeriane sul problema metafisico, infine riconducibile, ma senza alcun riduzionismo, ai termini di una scienza della cognizione.